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L’Attacco dei Giganti è un manga che ha accompagnato come pochi l’ultima generazione di lettori, diventando un must-have al pari di opere ancora più blasonate come One Piece e Naruto e nonostante non abbia dalla sua né la longevità e né il messaggio universale e condiviso che caratterizza le altre serie cult.

L’anime, presente su Crunchyroll, ha sicuramente dato una mano alla sua notorietà, ma il manga rimane un’opera unica nel suo genere, crudele, violenta, intrisa di morte e amatissima dai lettori di tutto il mondo.

Hajime Isayama, l’autore de L’Attacco dei Giganti, ha esordito con un tratto inizialmente considerato acerbo. Tuttavia, con il susseguirsi dei volumi, Isayama ha trasformato il suo stile artistico, considerato oggi uno dei più apprezzati e riconoscibili di sempre.

L’ATTACCO DEI GIGANTI È STATO IL MANGA D’AZIONE CHE HA VOLUTO OSARE COME POCHI ALTRI

L’Attacco dei Giganti è un manga che è partito con quello che poteva sembrava uno schema già conosciuto, ma che ha saputo proporre risvolti emozionanti: un giovane Eren Jaeger vede la sua città e tutta la sua vita distrutta a causa dell’arrivo dei giganti, che distruggono le mura che proteggevano la grande Shiganshina e compiono un massacro brutale. Il ragazzo crescerà con un solo desiderio: uccidere tutti i giganti.

All’epoca per molti lettori sembrava che L’Attacco dei Giganti dovesse seguire un canovaccio ben preciso, ma i vari colpi di scena che si sono succeduti, hanno fatto subito comprendere che Isayama nascondesse più di un asso nella manica. Da lì in poi scontri magnifici si sono intrecciati a trame di valore politico, con sempre più riferimenti al nostro contesto culturale e storico, confondendo più di un lettore facendogli temere che forse dietro a Isayama ci fosse una sorta di disegno “politico” ben preciso.

In realtà quello che sappiamo di certo è che L’Attacco dei Giganti è un’opera che ha sempre voluto parlare di libertà, in ogni sua forma e a costo di qualsiasi tipo di sacrificio. Per farlo ha scelto la strada più dura, più complessa, destrutturando il suo stesso protagonista, abbandonando il semplice concetto che a “tutto c’è una risposta”.

L’Attacco dei Giganti non ci ha offerto risposte ma tante occasioni di riflessione: dietro non c’è un disegno politico ma solo la cruda realtà come la vede Hajime Isayama, senza colori e sena direzioni.

L’ATTACCO DEI GIGANTI CHE NON ESISTE E IL GIGANTE DELL’ATTACCO CHE ATTENDE

Uno dei titoli più famosi è anche un titolo sbagliato: “L’Attacco dei Giganti” è infatti il frutto di un errore di traduzione (per quanto comprensibile anche conoscendo alla perfezione il giapponese) che ha nascosto per anni il vero senso dell’opera, in piena vista, di fronte agli occhi di ogni lettore. Certo, i giganti attaccano gli esseri umani ma tutto in realtà è sempre ruotato attorno a lui, il “Gigante dell’Attacco” che non sapevamo di conoscere, che da eroe diventa carnefice evolvendo la sua natura, modificando la sua stessa definizione per adattarsi a ciò che il mondo si aspetta da lui, con la speranza che ogni sua scelta possa salvare le persone che ama.

Nonostante sia stato reso noto l’errore di traduzione continuiamo a chiamarlo L’Attacco dei Giganti, perché così riesce a esprimere non solo la libertà di un popolo, perché magari essa rimane effimera, ma la volontà di lottare per raggiungerla, a ogni costo.

L’Attacco dei Giganti è infatti incentrato sulla libertà non solo da un punto di vista narrativo ma anche formale e letterario: la libertà è andare oltre i generi, i canoni preposti, lo stile mainstream e anche ciò che viene considerato canonicamente bello.

L’Attacco dei Giganti ha creato di suo un piccolo “rumbling”, una piccola rivoluzione nel modo di concepire la narrazione manga, e starà a noi lettori fare tesoro di questa eredità artistica e culturale.